Small Island Big Song: l’intervista a Selina Neirok Leem a Procida

Small Island Big Song: l’intervista a Selina Neirok Leem a Procida

Small Island Big Song

Dalle Isole Marshall all’isola di Procida

L’intervista a Selina Neirok Leem: l’attivista che da voce alle isole
del Pacifico, a rischio a causa dei cambiamenti climatici

 

La musica è da sempre un potente mezzo di comunicazione che permette di connettere le persone da qualsiasi parte del mondo e di divulgare messaggi importanti che possano avere una risonanza nel nostro quotidiano. È questo che ha spinto un gruppo di artisti e attivisti provenienti dalle isole del Pacifico e dell’Indiano a riunirsi e a dare vita al collettivo Small Island Big Song, portando in giro per il mondo storie ed esperienze dai loro territori. Alla base del lavoro del gruppo vi è la necessità di recuperare la tradizione dei suoni e dei canti delle isole e allo stesso tempo raccontare dei cambiamenti climatici che i loro luoghi sono costretti a subire. Lo scorso maggio, il collettivo è approdato a Procida per una settimana con l’evento Echi delle distanze, incontrando gli isolani durante una serie di dibattiti e incantando con le loro potenti voci, attraverso concerti,che si sono svolti in diversi angoli dell’isola. Abbiamo avuto il piacere di porre qualche domanda a Selina Leem, membro del gruppo e attivista sul climate change, la più giovane donna a partecipare alla Cop21 a Parigi e ambasciatrice delle isole Marshall nel film prodotto da Leonardo Di Caprio “Before the flood”. Cambiamenti climatici, femminismo e ovviamenti libri, sono i temi che abbiamo affrontato insieme a Selina Leem. 

Foto di Francesca Lauro

Quali sono state le tue prime impressioni sull’isola di Procida, quanto è simile con le isole del Pacifico e quali sono le differenze che hai riscontrato?

“I colori. Mi piacciono i colori forti e determinati, ma ultimamente preferisco quelli pastello. I colori di tutte le case sono stati una festa per i miei occhi. Se le case di Procida hanno un aspetto opaco, i colori forti delle case della mia isola, l’atollo di Majuro, hanno un aspetto lucido, patinato. Il punto più alto delle Isole Marshall è di 10 metri sull’atollo Likiep, a Procida [ndr] ho scoperto che potevo salire ancora più in alto, a 91 metri, fino a Terra Murata.
Procida ha più terre in una sola isola di tutte le isole da sole nelle Isole Marshall.”


Questa rassegna si chiama Echi delle distanze e grazie alla musica e soprattutto ai dibattiti, abbiamo conosciuto in maniera più approfondita le vostre realtà e di sentirvi in qualche modo più vicini. L’attenzione dei media nei confronti delle isole del Pacifico purtroppo avviene quando si manifesta un evento catastrofico, quando invece ci sono problemi quotidiani da affrontare che spesso non hanno l’attenzione che meritano. Per accorciare, dunque, concretamente queste distanze, come può l’Occidente essere attivo nel dare il suo contributo alla causa?

“Restituendoci gli spazi di cui si sono appropriati. La rappresentanza conta. Cosi come contano l’intersezionalità e l’inclusività. Ascoltando quelli che combattano [ndr] in prima linea. Le soluzioni sono lì con loro. Sostenendoci con aiuti e fabbisogni finanziari.”

 

In quali condizioni vivono le donne indigene? A questo proposito, ci sono movimenti femministi e quanto possono contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico?
Vivono derubate delle loro risorse a causa della crisi climatica indotta dalle colonie. Potenziati come individui endemici dei loro territori, sanno come vivere uniti con la terra, con gli abitanti viventi e non e con gli spiriti. Credo che [ndr] un movimento femminista o, qualsiasi movimento in realtà, può contribuire pienamente solo se è equo, inclusivo e intersettoriale.”

 

Foto di Francesca Lauro

 

Durante gli incontri che si sono svolti in questi giorni a Procida, hai ribadito di essere un amante dei libri e che molti romanzi con protagoniste donne ti hanno ispirata tanto da intraprendere il cammino dell’attivismo. Quali sono questi libri e perché ti hanno ispirata?

“Due delle donne che, crescendo, mi hanno plasmato quando mi sono imbattuta nei loro scritti sono state: Darlene Keju e Sor Juana Ines de la Cruz. C’era anche un libro sui proverbi Marshallese che mio nonno mi ha fatto leggere con uno speciale focus sulle donne. 

Darlene Keju era una marescialla, attivista anti-nucleare che fermò il suo giovane discepolo dal sussurrare preghiere per dirle di parlare più forte. La sua biografia, “Don’t Ever Whisper” di Giff Johnson, è stata la catapulta per me. A 15 anni, ho scritto una lettera feroce indirizzata al Ministero dell’Istruzione del mio paese criticando la loro mancanza di prestazioni e di forniture nella mia scuola penalizzando me e i miei compagni. È stato pubblicato sulla prima pagina del Marshall Islands Journal. É da allora che parlo “ad alta voce”.

Ho letto la storia di Sor Juana Ines de la Cruz durante il mio corso di inglese. In molte occasioni, mi sono sentita come se stessi leggendo me stessa. Era un’amante dei libri che viveva il mondo attraverso i suoi libri. Ha battuto, con astuzia, molti dei maschi eruditi del suo tempo. Si rasò i capelli perché non trovava motivo di adornare la sua testa in modo splendido se era vuota. Un’azione che ho fatto anche io all’età di 16 anni. Volevo vivere le sue idee. Più tardi, ho scoperto che abbiamo condiviso anche il compleanno. È diventata suora perché voleva avere accesso ai libri senza interferenze o aspettative della società di quei tempi. Anch’io, ad un certo punto della mia vita, ho pensato di voler diventare suora. Era una pioniera e ho trovato conforto leggendo le sue storie. Mi sono sentita meno sola.

Tra i proverbi, due dei miei preferiti sono: Limaro bikbikur Kolo eo e Lejmaan Juri.

Limaro bikbikur Kolo parla di una donna che chiama il suo popolo in tempi di crisi, per creare un forte fronte unito.
Lejmaan Juri parla di una donna che intervenne per fermare la lotta tra gli uomini nel suo villaggio durante la guerra.
Ho notato che, tempo fa, era grande il rispetto verso le donne nella mia società. Mi hanno raccontato infatti che prima del colonialismo e della cancellazione dei nostri modi di essere a causa del cristianesimo, le donne erano, nella mia cultura, molto emancipate e rispettate.  É stato strabiliante per me, ma anche scoraggiante, vedere come le donne della mia società, nel tempo, sono state maltrattate. 

Foto di Mattia Tarantino

Foto di Mattia Tarantino

 

 

@Articolo di Maria Baldares

Martina Amalfitano
martyamalf@gmail.com
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