27 Gen 27 gennaio: Giorno della Memoria
Buongiorno a tutti.
Non serve dire molto per spiegare di cosa parlerà questo post in questo giorno che difficilmente va giustificato, perché parte fondamentale della storia europea contemporanea, della nostra storia.
Quando il 27 gennaio del 1944 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa nella loro marcia verso Berlino arrivarono presso la città polacca di Auschwitz, scoprirono il tristemente famoso campo di concentramento e liberarono i pochi superstiti (tutti gli altri erano stati costretti ad una mortale marcia della morte due settimane prima).
La scoperta di Auschwitz rivelò senza se e senza ma la brutalità della Shoah, mostrando al mondo la sofferenza, il dolore e la morte che fino ad allora erano solo stati immaginati ma mai (forse) realmente visti.
Eppure abbiamo dovuto aspettare più di 60 anni affinché venisse istituito il “Giorno della Memoria”, e sappiamo tutti perché l’Assemblea delle Nazioni Unite abbia scelto questo preciso giorno, il 27 gennaio, quando tutto venne alla luce, fu chiaro per l’opinione pubblica che occorreva fare qualcosa per ricordare e mantenere viva la memoria affinché tutto il resto del mondo, affinché tutti gli altri non dimenticassero mai quello che il popolo ebraico e molti altri avevano vissuto, una giornata in cui onorare la memoria dei quasi sei milioni di ebrei morti a causa dello sterminio nazista, un giorno per ricordare un imperdonabile pagina della nostra storia.
E più si avvicina il 27 gennaio e più il mondo mediatico si impegna per ricordare l’esistenza di questo giorno, come se potessimo dimenticare, quando dimenticare questo giorno sarebbe un po’ come commettere due volte quel genocidio.
Proprio ieri ho letto un articolo su Europa quotidiano e uno su La Stampa che mi hanno fatto riflettere in maniera profonda su questo giorno, la sua importanza, su come noi lo viviamo, su come lo vive la comunità ebraica.
Nell’articolo che vorrei che leggeste, viene presentato il libro “Contro il giorno della memoria” di Elena Loewenthal, docente di cultura ebraica alla facoltà di filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
Come sostiene lo stesso autore dell’articolo, va detto fin da subito, per evitare incomprensioni, la Loewenthal non è antisemita, per niente, l’ebraismo è la sua vita, la sua identità, e la Shoah è la sua ossessione.
Come si fa a scendere a patti con una storia così? Come si fa a farci i conti? A togliersela dalla testa, a non trasformarla in un’ossessione, a evitare che ti si aggrovigli dentro?
A pensare che possa lasciarti in pace anche soltanto un momento, per tutti i giorni della tua vita?Niente da fare.Te la trascini dietro. Sai che ci stai dentro e non ne esci più anche se sei nata dopo.
La Stampa 16/01/2014
La Loewenthal spera di dimenticare, di fingere per un’istante, di illudersi per un momento,perché per te che sei nata dopo, cioè per me, il vero sogno sarebbe poterla dimenticare, questa storia.
Perché ti senti un sopravvissuto.
Io che sono nata poco dopo che tutto era finito, che sono vissuta circondata da quel passato, da quei ricordi – per lo più pestati sotto il tallone del silenzio, non per rimuovere quel passato, ma perché per tornare a vivere era fondamentale non lasciarlo parlare, almeno per un po’ di tempo – so per certo un’unica cosa, di quella memoria: che non potrò mai nemmeno lontanamente sentire quello che ha sentito chi è stato dentro quel tempo, quelle cose. Malgrado la mia vicinanza estrema e quotidiana, provo una frustrazione terribile che è la conseguenza di una distanza minima, ma insormontabile.
Fonte: Doppio zero
Una giornata della memoria. Una giornata per ricordare.
Per ricordare? Come potrebbero mai dimenticare, è ovvio che gli ebrei si ricordino della Shoah ci fa notare la docente. Ed è assolutamente vero. Come potrebbero mai dimenticare qualcosa che è impressa irrevocabilmente nella loro vita.
Rimuovere la Shoah dall’universo della mia coscienza e dal mio inconscio, soprattutto. Smettere, ad esempio, di sentirmi l’intestino in gola ogni volta che vedo e sento passare un treno merci con il suo sferragliare pesante, la lentezza del moto e del suono che assorda, la parete impenetrabile dei vagoni.
E a questo punto l’articolo ci pone una domanda o forse dovrei dire ci da una risposta ad una domanda silenziosa e muta. Per chi è la giornata della memoria?
Perché a questo punto la giornata della memoria non si celebra per loro che la ricordano ogni giorno della loro vita, ma al contrario, questo giorno fa parte della storia europea e come tale fa parte del nostro background e della nostro vita, è imprescindibile da essa, ci dice l’articolo, questo giorno viene sempre vissuto come una specie di risarcimento, senza però fare i conti con il fatto che «il delitto della Shoah è imperdonabile, e non c’è nulla che possa valere come anche solo parziale risarcimento».
Vi lascio così sperando che decidiate di leggere i due articoli che vi ho citato, e anche questo.
Credo che spingerci a riflettere fosse l’intento primo di questo libro, a pensare a questo giorno: alla fine siamo noi a dover ricordare, ma forse avere un giorno per non dimenticare è come averne 364 per non ricordare.
Con ciò non voglio assolutamente sminuire questo giorno in nessun modo e per nessuna ragione, ma forse dovremo semplicemente ricordare ogni giorno questo dovere morale che abbiamo di non dimenticare.
Non so. A me le sue interviste mi hanno molto colpito. All’inizio ero un po’ sorpresa dal titolo del libro, un po’ reticente e forse un po’ arrabbiata e pronta a sbraitare contro chi osasse sostenere qualcosa di così oltraggioso, ma poi spinta dalla curiosità l’ho letto e mi ha spinto a ragionarci, una riflessione diversa dal solito, non c’è che dire, ma comunque molto interessante.
Le citazioni del libro sono in corsivo, quelle di altri articoli sono tra le virgolette.
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Ilenia C. - Libri di Cristallo
Posted at 17:26h, 27 GennaioPersonalmente credo che la 'Giornata della memoria' in sé sia una cosa un pò scialba, così come tutte le feste che vengono dedicate a un determinato personaggio o tragedia o qualsiasi cosa durante l'anno in un giorno solo.
La Shoa è qualcosa di troppo forte ed importante per poterne parlare soltanto un giorno all'anno. E' qualcosa che deve far paura per non avere più la tentazione di tornare a quel punto e solo conoscendola la gente può rendersi conto di cosa è stata. Secondo me un giorno non basta.
Janeisa
Posted at 11:04h, 28 GennaioCredo che ti troveresti molto bene a leggere questo libro allora. Da quello che ho potuto comprendere dalla lettura delle varie interviste, l'autrice alla fine sostiene una cosa del genere. E sono d'accordo con te, alla fine un giorno solo non basta e non basterà mai, perché alla fine è come se ti ricordi di qualcosa solo in quel giorno e gli altri 364 non ci pensi. La cosa che più sconcerta di più è il fatto che questa giornata sia stata istituita con una legge, come se la dovessero imporre, mentre la memoria dovrebbe di per sé essere spontanea e soprattutto durare 365 giorni l'anno. Ho letto commenti ai suoi articoli dove qualcuno sosteneva che no una cosa del genere (essere contro questa giornata di per sé molto mediatica) non dovrebbe accadere e non si deve dimenticare, ma credo che chi sostiene una cosa del genere non abbia letto a fondo l'intento della scrittrice, perché credo che sia lontano dai suoi intenti dire che la Shoah va dimenticata assolutamente (ammette che è la sua ossessione), anzi, ma sostiene l'idea che questa giornata molti la vedono come un risarcimento per un danno perpetrato nei loro confronti e questo a suo parere è inammissibile perché niente potrebbe riparare a ciò che è stato.
Comunque come sempre leggere i tuoi commenti è un piacere. Fammi sapere se hai intenzione di comprare e leggere questo libro, mi farebbe piacere se riesco a procurarlo discuterne con te. 🙂
Janeisa
Posted at 11:05h, 28 Gennaio*mi sconcerta di più